Un filologo sull’Esperanto di John R.R. Tolkien
Ho preso interesse come filologo, e come dovrebbe fare ogni filologo, al
movimento per la lingua internazionale, un fenomeno linguistico importante
e interessante, e sono sensibile alle istanze dell’esperanto in particolare.
Non sono un vero e proprio esperantista, come mi sembra, a pensarci bene,
dovrebbe essere, almeno in qualche misura, ogni tutor. Non so né scrivere
né parlare la lingua. La conosco, come direbbe un filologo, perché 25 anni
fa l’ho imparata e non ne ho dimenticato la grammatica e la struttura.
A suo tempo ho letto una grande quantitr di testi e quindi , dato ho che
ho familiaritr con questo genere di cose, mi sento all’altezza di poter
giudicare pregi e difetti.. Stando cosí le cose, sento di non poter dare
un contributo utile, se non come filologo e critico. Ma il mio punto di
vista sulla situazione della lingua internazionale c esattamente che simili
servizi, per quanto buoni in teoria, in pratica non sono desiderati, insomma,
che c arrivato il momento in cui il teorico della filologia c un ostacolo
e un impiccio. E questo c proprio il piu forte dei miei motivi per sostenere
l’esperanto. L’esperanto appare senza dubbio, nel complesso, superiore
a tutti i suoi attuali concorrenti, ma il principale motivo da sostenere
mi pare sia il fatto che esso abbia gir il primo posto, abbia raggiunto
la piú ampia misura di consenso reale e sviluppato l’organizzazione piú
avanzata. Si trova in pratica nella posizione di una chiesa ortodossa che
ha di fronte non solo i non credenti, ma anche scismatici ed eretici -
una situazione che il filologo aveva previsto. Ma, dato un certo indispensabile
grado di semplicitr, internazionalitr e (aggiungerei) di individualitr
ed eufonia, che l’esperanto certamente raggiunge e supera, mi pare ovvio
che il problema di gran lunga piú importante che una aspirante lingua internazionale
deve risolvere sia la diffusione universale. Un espediente che abbia la
possibilitr di raggiungere questo obiettivo ne vale cento teoricamente
piú perfetti. Non c’c nulla di definitivo nell’invenzione e nel gusto linguistici.
La bellezza dell’invenzione nei dettagli c di importanza relativamente
modesta oltre il minimo necessario, e i teorici e gl’inventori ( nei cui
ranghi sarei felice di entrare) non fanno che ritardare il movimento, se
sono disposti a sacrificare l’unanimitr per il “miglioramento”. A dire
il vero a me sembra anche che il miglioramento tecnico dell’impianto, finalizzato
a una maggiore semplicitr e chiarezza della struttura o a una maggiore
internazionalitr o quant’altro, tenda a distruggere (a giudicare da esempi
recenti) l’aspetto “umano” o estetico dell’idioma inventato. Questo aspetto,
apparentemente secondario, sembra essere notevolmente trascurato dai teorici,
anche se io penso non sia proprio secondario, e che alla fine avrr una
grande influenza sulla questione basilare dell’accettazione universale.
N** ad esempio c ingegnoso, e piú semplice dell’esperanto, ma orrendo:
c’c scritto sopra “prodotto di fabbrica”, o meglio “fatto con pezzi di
ricambio”, e non ha quel bagliore di individualitr, coerenza e bellezza
che sprigiona dai grandi idiomi naturali, e che si ritrova a un livello
considerevole (probabilmente il piú alto livello possibile per un idioma
artificiale) in esperanto - una prova del genio dell’autore originale...
Il mio consiglio a tutti coloro che hanno tempo o voglia di occuparsi del
movimento per la lingua internazionale c: “Sostenete lealmente l’esperanto”.
John Ronald Reuel Tolkien (Bloemfontein 03.01.1892-Bournemouth 02.09.1973)
insegnn lingua e letteratura anglosassone a Leeds dal 1920 al 1925, a Oxford
dal 1925 al 1945, e poi lingua e letteratura inglese a Oxford fino al ritiro
dall’universitr. Eccellente filologo, massimo studioso di letteratura medievale
inglese, conoscitore oltre che dell’anglosassone e delle lingue classiche
anche di molte moderne, collaborn alla redazione dell’Oxford English Dictionary
e redasse numerose opere filologiche, fra cui la traduzione in inglese
moderno di poemi anglosassoni. Il vasto pubblico lo conosce per le sue
opere letterarie, come Lo Hobbit (“The Hobbit”, 1936) e Il Signore degli
Anelli (“The Lord of the Rings”, 1954-1955), che in Italia gli hanno procurato
un folto pubblico di ammiratori. Tolkien c un personaggio al di fuori della
societr moderna e delle sue correnti politiche, un odiatore della civiltr
delle macchine e un poeta che per amore della filologia ha trascorso la
vita inventando lingue, come l’elfico, che contiene elementi del finnico
e del gallese e ha dato al suo autore l’ispirazione necessaria a creare
un mondo intero, in cui quegli idiomi diventassero credibili. L’articolo
che riportiamo c stato pubblicato in inglese su The British Esperantist
nel 1932.